giovedì 26 gennaio 2012

Per Keplero le stelle fisse sono costitutivamente diverse dal Sole, sono tutte equidistanti da esso, e delimitano un universo finito, ordinato e costruito apposta per l'uomo. La Terra è "sede della creatura contemplatrice in grazia della quale fu creato l'universo" .
Per Galilei rimane indecidibile se il mondo sia finito o infinito, sebbene nella sua visione esso rimanga comunque espressione di un precisissimo ordine divino.
Tycho Brahe crede, anche lui, che l'universo sia finito e racchiuso dalla sfera delle stelle fisse.

Ognuno di loro avrebbe considerato illegittima la domanda: "è possibile che vi sia un altro pianeta come la Terra, e altre forme di vita simili a noi?".

Non avrebbero fatto lo stesso (né lo hanno fatto) gente come Bruno, Cartesio, Wilkins o Huygens. La disputa sulla pluralità e sulla abitabilità dei mondi è infatti intrecciata alla discussione sull'infinità dell'universo. Dice Cartesio: "Non bisogna cercare di comprendere l'infinito, ma solo pensare che tutto ciò in cui non troviamo nessun limite è indefinito". Bruno: "L'eccellenza di Dio non si glorifica in uno, ma in Soli innumerevoli; non in una terra, in un mondo, ma in duecento mila, dico in infiniti".
Ma allora che fine farebbe la centralità dell'uomo? Dice ancora Cartesio: "Non è in alcun modo verosimile che tutte le cose siano state fatte per noi in modo tale che Dio non abbia avuto altro scopo creandole".
Chi si impegnò di più nella ricerca sugli abitanti di altri mondi fu, però, il grande Christiaan Huygens. Accusò Keplero di aver appositamente plasmato la forma dell'universo a conferma del suo "mistero cosmografico", per il quale le distanze dei pianeti dal Sole dovevano corrispondere ai diametri delle sfere inscritte e circoscritte ai poliedri di Platone. Per questo, bisognava "che ci fosse nell'universo un solo e unico coro di pianeti attorno a un Sole considerato unico rappresentato nella sua specie".
Huygens continuava così: "Non si deve esitare ad ammettere, con i principali filosofi del nostro tempo, che il Sole e le stelle hanno una stessa natura. Chi ci impedisce di pensare che ciascuna di queste stelle o Soli abbia dei pianeti attorno a sé, a loro volta provvisti di lune? [...] Se ci collochiamo col pensiero nelle regioni celesti, in una posizione non meno lontana dal Sole che dalle stelle fisse, non noteremmo fra quello e queste differenza alcuna".
E così procedeva a giustificare la possibilità di altri mondi, ipotizzando che, come assistendo all'anatomia di un cane non esiteremmo ad affermare l'esistenza di organi simili in un bue o in un porco, allo stesso modo, conoscendo la Terra, è possibile fare congetture su altri pianeti.

"Non è detto che gli abitanti degli altri pianeti siano simili a noi, ma essi sono certo strutturalmente analoghi a noi: saranno dotati anch'essi di una ragione e di valori simili ai nostri, avranno occhi, mani, scrittura, società, geometria, musica".





mercoledì 25 gennaio 2012

Nella storia della scienza moderna Cartesio occupa un posto centrale. Le sue opere furono condannate ben due volte, prima nei paesi bassi (sinodo di dordrecht 1656), poi dalla chiesa cattolica (1663), ma verso la fine del secolo si affermarono in tutta Europa.
Lui nacque nel 1596 a La Haye, a dieci anni fu spedito in un collegio gesuita (non uno qualunque, ma il prestigioso collegio di La Havre), e a ventidue ne ebbe talmente piene le p***e che decise che per il resto della vita avrebbe viaggiato di corte in corte in cerca di "esperienze diverse". In effetti si arruolò in due eserciti (quello di Maurizio di Nassau e quello dell'Elettore di Baviera), e si affiliò alla famosa sètta dei Rosacroce, spostandosi in Boemia, in Ungheria, prima di ritornare in Francia, poi andare in Italia e infine stabilirsi in Olanda.
Morì a 50 anni a Stoccolma, dove aveva raggiunto da poco la regina Elisabetta, per aver contratto la polmonite.

Come dicevamo, Cartesio diede un gran contributo allo sviluppo della scienza moderna.
In ambito matematico introdusse la possibilità della trattazione algebrica dei problemi geometrici (tradotto: il piano cartesiano) aprendo una porta incredibilmente feconda di soluzioni anche a problemi fisici come la determinazione della parabola di un proiettile, o della sua velocità in relazione al tempo e allo spazio percorso (che però non fu lui a trattare).

In ambito "fisico" rovesciò apertamente le impostazioni di Mr. Copernico e Mr. Galilei, affermando non solo che i corpi non sono assolutamente portati a muoversi circolarmente, bensì in linea retta, ma anche che il moto dei suddetti non c'entra niente con il loro mutamento, come sembrava evidente ad Aristotele, poiché esso è sullo stesso piano ontologico della quiete.

Per cui il mondo fisico di Cartesio venne fuori come un miscuglio di due soli ingredienti: movimento e materia. E dal momento che la materia coincideva con l'estensione, e l'estensione con lo spazio, e lo spazio con lo spazio euclideo, ecco che in un paio di passaggi l'universo era divenuto geometria realizzata.

Purtroppo è anche vero che i suoi Principia philosophiae non contengono neanche UNA formula matematica, ed è stato rimproverato al grande filosofo di aver sviluppato una fisica "immaginaria" più attenta a rispecchiare la geometria secondo l'impostazione di Cartesio stesso, che a seguire il cosiddetto metodo sperimentale, oggetto delle future attenzioni e cure di Isaac Newton.
Dal momento che, però, sembra che la scienza moderna debba più all'analisi e all'astrazione che alla generalizzazione di osservazioni emiriche (pensiamo a cose come la capacità di astrarre dalle qualità sensibili, o dall'esperienza immediata), pare anche doveroso dare a Cartesio il riconoscimento che si merita, per aver identificato materia, spazio, geometria e matematica.
Più genialmente astratto di così non poteva essere.